«Il dio o gli dei hanno ben poco a che vedere con le Chiese. E a guardare bene, quelle sono quasi sempre la negazione di questi.» Javier Marías. Faranno di me un criminale.
La voce della poesia che non appartiene alla geometria con cui dobbiamo misurare il reale, viaggia su frequen-ze diverse, attraversa l’opacità di ciò che chia-miamo evidenza aprendo fessure in tutto ciò che ci circonda, introducendo un altro senso.
Lunghe sono le braccia come lungo è il tempo della vita, e della poesia che le dà voce. E questa voce ci giunge nel pieno di una splendida, consapevole maturità, che viene a costituire un osservatorio privilegiato, e soprattutto ben rodato.
Testimoni di una presenza che dileguandosi resta scolpita nel cuore, i versi intensi e limpidi di Rosalba de Filippis sono dedicati alla madre, che dà la vita alla figlia e le lascia in pegno non solo la vita ma anche la morte…
Il titolo, tratto da un emistichio di Ezra Pound, dice ciò che fonda ogni storia, ossia l’Amore, forza incantata e intrattabile, cui solo la Poesia con la sua energia ellittica e la sua inesauribile sostanza metaforica può dar voce.
“Il paradiso all’ombra delle spade” è un libro «dai colori autunnali: un libro purgatoriale», secondo la definizione che ne dà l’autore stesso nella sua nota finale.
Con “Seconda nascita” si afferma l’intenzione di interpretare l’esigenza del nuovo secolo, corrispondere all’attesa di un nuovo pubblico di lettori… Un particolare ritorno alla lirica, percepita come non necessaria al ‘mandato’ dell’epoca che a malapena la tollera.
Una donna scrive ad un uomo, l’uomo risponde… Inizia in questo modo una fitta corrispondenza in poesia, la complicità di una trama che è amore ma insieme è racconto, affresco, dramma e commedia del vivere di ogni giorno.
“L’amore e la tabe” è un libro eclettico, nel quale l’autore ci sa condurre con profitto nei mille rivoli circolanti di una meditazione lirica tra i poli estremi di amore e morte, attraversandone le numerose regioni intermedie che volta a volta incontra.
“La voce a te dovuta” (1933) inaugura una trilogia amorosa che troverà poi ulteriore sviluppo in “Ragioni d’amore” (1936) e nel postumo “Lungo lamento”.
Il libro tiene fede alla bellezza e al molteplice significato del suo titolo, in quanto anche questo terzo libro di Mignano è pieno di “nunc” e di “hic”. (Dalla prefazione di Rossano Pestarino)